Lei è all'orizzonte. [...] Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi.
Cammino per dieci passi e l'orizzonte si sposta di dieci passi più in là.
Per quanto io cammini, non la raggiungerò mai.
A cosa serve l'utopia? Serve proprio a questo: a camminare.
(Finestra sull'utopia) EDUARDO GALEANO
Ci sono persone che iniziano a coltivare le proprie intuizioni spesso senza sapere di iniziare a fare la differenza; il mettersi in gioco è più forte di qualsiasi opinione, ostacolo, difficoltà. Spesso a prevalere è l’istinto di come quell’idea sarà. Questo è il motivo per cui spesso si parla di visionari come di coloro che hanno percepito delle potenzialità e si sono impegnati per farne emergere valore e bellezza, per condividere e accompagnare anche altre persone nella propria visione del possibile: sono i #creativialavoro.
Protagonista del primo articolo della rubrica #creativialavoro è il collettivo Manifest, rappresentato durante l’intervista, da una di loro, Valeria D’Agostino, giovane lametina con la passione per il teatro e la scrittura, sensibile e dallo spiccato senso critico grazie anche ai suoi studi giuridici. Manifest è una realtà culturale, un gruppo variegato, sempre in continuo divenire, un gruppo di ragazzi che si riuniscono spontaneamente ideando e aderendo a svariate iniziative che hanno l’obiettivo di raccontare bellezza e proporre opportunità per coloro che desiderano esprimersi, trovare una propria dimensione. Conosciamoli meglio attraverso Valeria.
Valeria raccontaci di te.
Da piccola volevo fare il magistrato. Poi negli ultimi anni ho capito che la mia passione per il diritto naturale non poteva trovare concretezza in una legge scritta. Attraverso l'arte e il teatro ho poi scoperto un'altra passione che, senza dubbio, mi ha portata a capire chi ero: la scrittura. Scrivo da quando so scrivere? Nah! Scrivo da quando ho imparato a conoscermi ad affrontarmi e a re-inventarmi. Sono blogger e scrivo per un quotidiano online di Lamezia. Sono vicepresidente di Scenari Visibili Compagnia Teatrale, curo l'organizzazione ma anche alcuni laboratori e lavoro molto sul territorio. Per il futuro conto di continuare ad impaginare cose culturali. Il martelletto da giudice lo lascio volentieri ai giudici.
Valeria come nasce Manifest?
Manifest nasce da un’idea di mio fratello, Domenico, su un’onda emotiva forte, sicuramente a seguito della pratica teatrale, dai primi tentativi di mettersi in gioco attraverso la scrittura e poi la lettura ad alta voce, e continua ad essere così. A lui si è unito sin da subito anche Aldo Tomaino, appassionato di fotografia e musica, col quale è stato strutturato il blog, e da lì è stata una catena di nuovi amici, contatti, azioni sul territorio inaspettate e legate dal concetto di bellezza.
Come vi sostenete? Avete aziende partner?
Manifest non ha mai badato a rendicontare nulla. È nato come blog collettivo di scrittura creativa, una creatività così folle da provare a mettere in azione le parole, a farle volare, attraverso post-it colorati durante un flash mob al Parco, e da lì è stata una concatenazione di eventi, per i quali tutti noi oggi, in maniera diversa, e secondo le proprie caratteristiche, ci sentiamo di andare avanti, e forse anche in ‘dovere’ di responsabilizzarci sempre più a proposito di un tema importante quale la cultura, e rispetto le nuove generazioni.
Come sta evolvendo il vostro stare insieme?
L’essenza di Manifest è da sempre la stessa, quella cioè di provare ad esprimere emozioni, cogliendo tutte le sfaccettature della cultura, il tutto in un’ottica di totale ‘apertura’ al mondo. Non abbiamo mai messo alcuna barriera di fronte coloro che hanno dimostrato di voler scrivere insieme a noi, o più semplicemente di voler partecipare a un nostro evento da protagonista.
Quali sono i sentimenti messi in campo dal gruppo?
I sentimenti più appropriati da abbinare a Manifest credo siano l’inclusione, il coinvolgimento. Non c’è un giorno in cui io o mio fratello e tutti gli altri ragazzi non pensiamo a mettere in moto ‘idee’, ‘progetti’, iniziative nelle quali coinvolgere l’altro. Manifest nasce nel momento in cui ci si è sentiti pronti ad ‘uscire’, a toccare con mano’, a mettersi in gioco, nonostante il terreno culturale lametino è ancora molto provinciale. Abbiamo sin da subito suscitato curiosità, in alcuni momenti anche dei piccoli fastidi, (pruriti?) se pensiamo agli pseudo intellettuali in cappello, ma oggi siamo stimati da tutti, abbiamo costruito, sempre sull’onda della spontaneità e della freschezza, una fitta rete tra realtà culturali, le librerie cittadine, la biblioteca comunale e soprattutto nelle relazioni, nell’approccio con i giovani, con le scuole, è sempre un crescendo.
In quanti siete? Quale obiettivo perseguite operando sul territorio? Quali risorse vi sostengono? Percepite un nuovo fermento creativo? Qualcosa sta davvero cambiando?
Manifest è un Collettivo formato da circa 20 persone, non è un’associazione, anche se di fatto lo siamo, e quindi non ha leader, non ha gerarchie. In tutte le nostre piccole azioni, legate al territorio, abbiamo sempre cercato di rompere schemi, abbiamo inseguito il concetto di libertà, il confronto e la reciprocità di intenti. Dunque, ogni iniziativa è stata sempre autofinanziata. Non abbiamo mai chiesto nulla al mondo politico e siamo molto lontani dall’idea di farlo. Da circa tre anni non ci fermiamo, grazie a una nuova idea di ‘politica’ fatta di azioni e non di parole, e soprattutto che guardi alla cultura in modo innovativo, quale strumento di crescita del territorio e non in termini di ‘lobby’. E così se fino a tre anni fa non esisteva quasi nessuno a parlare di laboratori di lettura nei parchi o nei centri storici, di reading di poesia, di blog di scrittura creativa in città, se fino a tre anni fa c’era timore e scetticismo, oggi siamo invece pronti nell’affermare che qualcosa è cambiato. C’è un nuovo fermento culturale in città. Dopo di noi molte altre associazioni si sono aggregate, si parla di letteratura, di poesia, di arte ecc. Un compito arduo è certamente quello di far capire ai giovani che è bene leggere, scrivere, impegnarsi, per se stessi e non per qualcun altro, ed è arduo perché bisogna inculcare loro che Manifest non è una moda, non è essere radical chic, e non è solo un modo per divertirsi e fare nuove amicizie. Personalmente cerco sempre di monitorare più cose. Da un po’ di tempo ho capito che prima di presentare un libro, seppur noto, occorre leggerlo per intero, informarsi sul libro e sull’autore, occorre insomma selezionare e restituire dignità alla cultura. Occorre dire NO, a volte. Occorre far capire che Manifest non è una agenzia di comunicazione ma è un contenitore di idee e di impegno, di competenze e di capacità, di passione e amore, e non può essere sciupato.
Se domani qualcuno ti offrisse un lavoro al nord?
Non saprei davvero. La contingenza ci trascina verso sentimenti di precarietà, non solo lavorativi ma anche esistenziali. È probabile che accetterei, come è probabile che rifiuterei. Per troppo tempo non s’è fatto altro che stigmatizzare il Nord e il Sud, creando un'immagine divisa, ed anche con buoni propositi di ‘restare’ al Sud, non s’è fatto altro che creare ‘luoghi comuni’ che vicendevolmente si scontrano. Certo il sentimento di restare e di costruire qui nella mia Terra, comune a molti di noi, è molto forte e radicato. Non è affatto vero che a Milano o a Roma o nelle grandi città si sta meglio, c’è più lavoro, e le università sono migliori. Sono solo pregiudizi da noi creati, forse un alibi per non costruire nulla qua, o più semplicemente per restare ancorati nella comodità. Occorre reagire qui ed ora, perché le potenzialità e le risorse ci sono ma vanno cercate, come? Attraverso un nuovo sguardo, uno sguardo consapevole.
Quanto e come la creatività incide nel vostro progetto? Ci raccontate un episodio in cui con la creatività avete salvato una situazione che meritava?
Abbiamo raccolto, insieme a Scenari Visibili, l’associazione culturale teatrale di cui sono vicepresidente, oltre un migliaio di firme attraverso una petizione online, e abbiamo poi intitolato il politeama di Sambiase in Lamezia Terme, al poeta Franco Costabile, morto suicida nel 1965. Peccato che al momento quel teatro è un contenitore chiuso, dato in mano a burocrati affaristi e politici senza un briciolo di etica. Ma le nostre azioni e la nostra creatività non possono risiedere in un solo luogo, e così continuano a viaggiare.
Cosa e dove volete essere tra 10 anni?
Tra dieci anni non saprei. Credo che nessuno di noi lo sappia. Sarei felice di vedere tra dieci anni tanti altri Collettivi come Manifest in città, o che Manifest si estendesse di più a livello nazionale, anche se al momento siamo a buon punto. Non c’è un posto in cui vorrei essere tra dieci anni e non ho esigenza di sapere cosa farò. Mi basterebbe sapere che fra dieci anni avrei con me lo stesso stupore e la stessa curiosità di ora, negli occhi, nel cuore, nello spirito. Credo che non ci sia niente di meglio che svegliarsi la mattina e fare ciò che ci piace, dunque andando controvento come ho sempre fatto finora, non farò l’avvocato, e continuerò a fare la creativa. Mi piacerebbe continuare a scrivere.
Quanto è importante per il vostro progetto il senso di comunità?
Creare comunità con la comunità non è un compito semplice. Partiamo dal presupposto che non è bene forzare nulla e nessuno. È bene avvicinarsi alla cultura e all’arte in modo del tutto naturale. C’è da dire che esiste una evidente spaccatura fra i due target, quello giovanile e quello dei grandi. Abbiamo pochi maestri, poche guide disinteressate alla ‘trasmissione’ di un sapere, c’è tanta autoreferenzialità, sono davvero pochi gli esempi da seguire nel vasto mondo di intellettuali e scrittori racchiusi nella loro vanità. Abbiamo cercato di eliminare anche questi pregiudizi però, e molto spesso ci siamo trovati in armonia anche in ambienti inaspettati, lasciando entusiasmo e soddisfazione fra le barbe bianche. Purtroppo l’apertura stenta ad arrivare, è lenta, e questo non solo nei maestri che non vogliono insegnare più nulla, ma anche nei giovani e nelle loro retate, di timidezza, imbarazzo, insicurezza, paura. A volte sento addosso una gran fatica, quando cerco di coinvolgere è sempre molto dura, ma quando ci riesco il risultato è gratificante, ed è qualcosa che ha a che fare con la coscienza e col fatto di stare al mondo, col senso della vita.
Quali sono le maggiori difficoltà che affrontate? Cosa oggi potrebbe sostenervi, cosa vi piacerebbe accadesse?
Le difficoltà che potremmo incontrare, alle quali a dire il vero non guardiamo più di tanto, poiché non ci interessano i salotti, potrebbero avere a che fare con gli spazi urbani. Al momento non abbiamo una sede, ma a prescindere da questo, a Lamezia Terme i teatri, le biblioteche e altri spazi comunali sono in affitto. Gli uffici con le loro burocrazie le pensano davvero tutte per annientare il nostro pensiero, peccato per loro perché a noi piace l’aria aperta, e per la nostra fantasia non ci potrà mai essere un freno. Lo scorso anno abbiamo provato, con la collaborazione delle librerie cittadine, a realizzare una mini rassegna letteraria, durante la quale abbiamo avuto il piacere di incontrare l’antropologo Vito Teti che tuttora si sta rivelando una conoscenza significativa per tutti noi. Continuiamo con i nostri Manifestiamoci, laboratori di lettura, e adesso stiamo per attivare un piccolo contest di scrittura creativa. L’obiettivo è sempre lo stesso: mettersi in gioco. Anche perché qualcuno diceva “Si impara a scrivere, scrivendo”. Ci stiamo attrezzando per far partire il boookcrossing presso il TIP Teatro, il nuovo spazio indipendente di Scenari Visibili, e una biblioteca dello spettacolo. Un giorno ci piacerebbe creare un grande festival della letteratura, lontano da logiche lobbistiche e politiche, dando solo rilievo ai libri e agli autori che intendono trasmetterci qualcosa.
Siete dei #creativialavoro?
Siamo sicuramente molto lontani dall’idea di #creativialavoro che interpretano la cultura come uno strumento attraverso cui riempirsi le tasche. Potremmo invece essere #creativialavoro se intendessimo la cultura come uno strumento di cambiamento, delle coscienze, del nostro tempo presente, un modo attraverso crescere e migliorarsi. Un modo attraverso cui andare orgogliosi della nostra terra. Sarebbe bello lavorare in base alle proprie passioni, tenendo però sempre presente che la Cultura è qualcosa di estremamente nobile, non bisogna venderla come un pacco di biscotti.
Calabria terra di … ?
Anche per la Calabria non riesco ad usare definizioni, la Calabria è bell, è triste e amara. La Calabria è una dolce e malinconica amica, che fa innamorare ogni passante, è un ponte, il cui viaggio non si ferma mai. La Calabria è per me Corrado Alvaro, Saverio Strati, non è certo la cipolla di Tropea o il peperoncino che vediamo attaccato nelle fiere turistiche. La Calabria è una metamorfosi in continuo divenire, che ci fa volgere sempre lo sguardo altrove. Una terra colma d’amore e tradimento, quella terra che ci fa sentire sempre scontenti. Sarebbe ora di smetterla con i lamenti! A volte percorro vicoli della mia città a piedi, nel senso contrario delle auto, ecco, questo esercizio utile agli occhi e allo spirito è quello che ci vorrebbe per tutti i calabresi scoraggiati, che vivino dell’abitudine degli stessi colori.
Cosa consigliate a giovani come voi che vogliono fare qualcosa in Calabria?
Il consiglio è di strappare tutti gli schemi mentali precostituiti e tramandati a proposito della Calabria che non decolla, una volta eliminati i preconcetti e i luoghi comuni iniziare a progettare, iniziando dalle piccole ‘utopie’. La felicità risiede proprio lì. Il senso della nostra esistenza è quel che riusciamo a fare, nel raggiungimento visivo dell’orizzonte. In quel cammino, in quel sacrificio. Dobbiamo continuare a credere e a parlare di ‘sogno’.
Come immaginate la Calabria tra 10 anni?
Dall’esperienza degli ultimi due anni, soprattutto con i festival culturali di recupero dei piccoli borghi, in estate, ho potuto costatate pro e contro in fatto di ‘restare’ in Calabria, piuttosto che andare. Ci sono sicuramente dei nuovi fermenti che prima non c’erano, si sta attuando in maniera molto lenta una rete fra associazioni ma per molti motivi ancora non si è in grado di concretizzarla. Spesso è una rete fatta di slogan, in sostanza non si ha ancora il coraggio di guardarsi bene in faccia. Tra dieci anni non ho idea di come sia la Calabria. Potrebbe essere fiorita, o potrebbe esser morta. Non lo so. Sta solo a noi tutti col nostro impegno quotidiano scoprirlo non demordendo.
Cosa direste e consigliereste a chi oggi amministra la nostra terra?
Che sono la vergogna dei Governi! Per citare il poeta Franco Costabile. Attualmente è davvero inutile credere nella politica partitica. Bisogna rimboccarsi le maniche e per citare l’amico eretico Massimiliano Capalbo ‘Dobbiamo iniziare a diventare istituzioni di noi stessi’. Ecco! Questa frase non può mai diventare uno slogan perché contiene verità.
Una citazione che vi rispecchia?
“Un uomo da solo è poco, insieme a un altro è molto”. È la frase di un testo di mio fratello, la utilizzò in un video di ritorno da un campeggio nell’area grecanica. Da lì nasceva Manifest. Quando tutti insieme saremo in grado di rompere le barriere della miseria umana per prenderci per mano e camminare nella stessa direzione, forse allora potremo sentirci ‘nuovi’ calabresi restando in quell’idea antica di grecità tanto nobile e amara.
Vuoi lasciare un saluto e un incoraggiamento agli altri #creativialavoro?
Un saluto a tutti i #creativialavoro che con il loro prezioso contributo fanno si che nessuno si senta più solo.
Grazie Valeria per la tua intervista autentica e per averci presentato le speranze, i progetti e anche i retroscena di chi lavora con creatività e passione sul territorio. Continueremo a sostenervi e a seguirvi su manifestblog.it . Un saluto a tutti i #creativialavoro del vostro collettivo.

